Gli over 50 rappresentano una della categorie più a rischio per l'economia italiana, ma sono anche una risorsa da sfruttare per le aziende: ad oggi gli italiani con più di 50 anni sono il 28,3% della popolazione (quasi 17 milioni) e da qui al 2031 toccheranno quota 35,4%. Se un tempo gli ultracinquantenni erano destinati a lasciare in breve tempo il mercato del lavoro, oggi non è più così: attualmente gli over 50 attivi sono 7,2 milioni, pari al 29,4% della forza lavoro totale, mentre nel 2004 tale percentuale era quasi sette punti più bassa (22,8%). Ovviamente tale crescita coincide, purtroppo, con la diminuzione dei giovani: i lavoratori tra i 30 e i 49 anni sono scesi al 55,5% rispetto al 56,3% del 2004, mentre gli under 29 sono passati dal 20,9% al 15,1% con una perdita di quasi cinque punti.
Tale dato è ovviamente giustificato dal ritardo con cui si entra e si esce nel mercato del lavoro: il prolungamento dell'età lavorativa richiede strumenti diversi e soluzioni nuove per permettere la convivenza tra generazioni e nuovi modi di vivere il lavoro. Il rischio, infatti, è quello di vedere gli over 50 vittime di depotenziamento professionale e demotivazione con la conseguente difficoltà di ricollocarsi in caso di perdita di lavoro; pericoli anche per le aziende che potrebbero non vedere sfruttate le competenze e l'esperienza di una fetta di forza lavoro, ma anche non poter sfruttare in pieno le innovazioni tecnologiche. Occorrono quindi politiche nuove anche perché il numero di cinquantenni al lavoro aumenta sempre di più (tra il 2004 e il 2012 c'è stata una crescita di 1,6 milioni), così come aumenta il numero di over 50 disoccupati: per la ricerca di lavoro degli ultracinquantenni potrebbe essere utile conoscere quali sono i profili con il maggior numero di offerte. Tra i lavoratori con oltre 50 anni c'è la maggioranza di richieste per profili con basse capacità (62%), con un minor numero di offerte per professioni dirigenziali intellettuali e tecniche qualificate (20%): in particolare si ha maggior richiesta per professioni operaie specializzate (26,2%), seguito da professioni non qualificate (21%) e operaie qualificate (15%); soltanto professioni impiegatizie e intellettuali sono ferme rispettivamente al 7,3% e al 6,3%.
Scritto da Bruno De Santis.